• MAMMA SCHIAVONA E ‘A JUTA DEI FEMMINIELLI

    A Mamma Schiavona, la Madonna di Montevergine, ogni anno, il 2 febbraio, in Campania si dedica la “Candelora”, con il pellegrinaggio al Santuario situato a Mercogliano, in provincia di Avellino. 

    Contemporaneamente, si celebra la cosiddetta “Juta dei Femminielli”, devoti a Mamma Schiavona. 

    La Candelora è una celebrazione religiosa molto sentita: dal punto di vista della tradizione cristiana, rappresenta la presentazione di Gesù al Tempio dopo 40 giorni dalla sua nascita. Considerata la festa della luce, il simbolo principale sono le candele. Prima del Cristianesimo, le celebrazioni pagane che si ricollegano alla Candelora erano legate al risveglio della Madre Terra, che sente l’avvicinarsi della primavera ed è pronta a dire addio al letargo dell’inverno.

    Chi sono i femminielli? 

    Per i napoletani, il Femminiello è da sempre un “uomo che sente e vive come donna” e rappresenta un’identità culturale e sociale molto peculiare e storicamente ancorata nel tessuto urbano partenopeo. È una parola piena di storie e folklore: a loro spettava il compito di prendersi cura dei vicoli di Napoli e dei bambini del rione e, storicamente devoti, della pulizia e della cura delle parrocchie. 

    Tra verità e leggenda: il 1256

    Il legame tra i femminielli e la Madonna di Montevergine è antico. Secondo la tradizione orale, risale addirittura al 1200, e precisamente al 2 febbraio 1256. Secondo una leggenda, quell’anno, durante una bufera di neve, una coppia di amanti omosessuali, dopo essere stata scoperta, fu legata ad un albero sul monte Partenio, condannata a morire di freddo o come pasto per i lupi. Ma la Madonna di Montevergine, emozionata dal loro sincero amore, li salvò, facendo uscire un raggio di sole che sciolse il ghiaccio è mise in salvo i due innamorati.

    Da quel giorno, l’affetto e la devozione da parte dei femminielli e di tutta la comunità LGBT+ per la Madonna non si è più spezzato, e si rinnova ogni anno con la ‘Juta’ dei femminielli. 

    La giornata finisce sul Sagrato del Santuario, dove si canta accompagnati da castagnette e tammorre, con i femminielli che salutano la loro Madonna, dandole appuntamento al prossimo anno “Statt’ bona Maronna mia, l’anno ca vene turnammo a veni’… Tutti assieme a sta compagnia, statti bona Maronna mia

    Immagine di Mamma Schiavona

    Una Madonna “non conforme”

    Appare evidente che Mamma Schiavona sia una Madonna “non conforme” alle altre. De Simone scrive: “‘a cchiù brutta è ‘a cchiù bella!”. Questo perché la Vergine di Montevergine ha la pelle nera, è una rappresentazione bizantina, di origini orientali. Quindi non bianca, “classica”, occidentale, come le sue Sorelle.
    Tutti questi aspetti rafforzano il legame tra la Mamma e i femminielli: anche loro rappresentano una minoranza, altro dal “solito”, ben lontani dal “classico”. L’amore e la devozione derivano dalla vicinanza, dallo storico senso di solitudine, dall’isolamento sociale.
    Eppure, è una delle Madonne più visitate e l’unica a cui si dedicano due celebrazioni, quella del 2 febbraio e quella del 12 settembre. 

    L’origine del culto e la dea Cibele

    Il Santuario dedicato a Mamma Schiavona sorge sui resti del tempio edificato alla dea Cibele, la “Magna Mater”, sul monte sacro dove i coloni Greci salivano per onorare con canti, suoni e danze questa divinità arcaica. Catullo e Virgilio raccontano che, nell’equinozio di primavera, i sacerdoti della dea suonavano tamburi e cantavano in processione fino all’estasi orgiastica, durante la quale arrivavano a evirarsi ritualmente per offrire il loro sesso in dono alla dea e rinascere con una nuova identità. Una volta evirati, adornati di stoffe colorate, scendevano a piedi il Monte pronti a donarsi alla loro nuova vita. Le persone omosessuali e transessuali che oggi salgono con devozione a Montevergine sono i diretti discendenti di quei sacerdoti.

  • Le origini della Tammurriata

    Le origini della Tammurriata

    Con il termine “Tammurriata” si intende l’unione di musica, canto e ballo di origine contadina e popolare (eseguiti, cioè, dal popolo). Fortemente diffusa in tutta la Campania, nasconde grandi valori musicali e sociali.

    Va inclusa nella famiglia della tarantella meridionale, basata su un ritmo binario, con balli esclusivamente in coppia. Secondo alcuni studiosi, i passi e i gesti possono derivare dalle azioni quotidiane. Alcuni esempi: dal lavoro in casa o nei campi, come zappare la terra o setacciare la farina.

    Le origini della Tammurriata sono molto antiche e, nonostante la più ampia diffusione rispetto al passato, viene ancora eseguita per la maggiore dal popolo contadino e non solo. Tutto ciò perché segue i ritmi di Madre Natura e, quindi, del ciclo delle stagioni. 

    La Tammurriata è anche fortemente legata ai culti mariani. In passato, i pellegrini giungevano sui luoghi del culto a piedi o con la carretta, cioè un grande carro trainato dai cavalli o dai buoi. Lì si aprivano le danze. Il carro era decorato con prodotti locali e bevande per ringraziare i cantatori, i danzatori e i suonatori.

    La Tammurriata non si insegna nelle scuole ma si impara con la pratica e grazie alla disponibilità degli anziani, soprattutto durante le feste.